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È partito CCN

al lavoro per includere i NEET


Al lavoro per sostenere l’inclusione dei Neet, per farli uscire da quel “non” che ingabbia ogni desiderio e slancio verso una vita più attiva. Calcio di inizio giovedì 6 marzo per il progetto “CCN – Community Care per Neet”, sostenuto dal programma Interreg per 24 mesi: nella sede del partner “L’Amico Charly”, si sono dati appuntamento i membri italiani e svizzeri (in presenza e a distanza) del partenariato. «C’è un’urgente necessità affinché il recupero del disagio giovanile di questi e queste giovani, nei territori interessati dal progetto, sia affrontato con soluzioni efficaci e concretamente inclusive», ha detto in apertura il project manager Alcide Gazzoli. «Sempre più spesso tra loro ci sono anche minorenni, giovani donne e madri lasciate a sé stesse. Non lavorano, non studiano, non vivono in famiglia. Per riaccendere la loro motivazione serve una proposta concreta, incisiva e strutturata».

A fare gli onori di casa Alessandra Monaco, a capo de “L’Amico Charly”, che a Milano opera da oltre vent’anni per contrastare il disagio giovanile attraverso progetti di intervento educativi, formativi, di assistenza e di sostegno a favore degli adolescenti, in collaborazione con le istituzioni, le scuole e le famiglie. «Qui lavoriamo per aiutare i giovani ad andare nella vita con qualche pezzettino in più e qualche strumento in più», ha in apertura, lasciando poi il microfono a Silvia Lista, dell’Autorità di Gestione del Programma di Cooperazione Transfrontaliera Italia-Svizzera, che presentato operatività e intenti del programma Interreg Italia-Svizzera, 2021-27.

Quello che propone CCN sono laboratori e workshop (cucina e alimentazione, sport e benessere, giardinaggio) con cui intercettare i giovani e riaccenderne il desiderio. Ma anche di uscire dalla definizione di Neet più stretta e cogliere l’eterogeneità della categoria: si lavorerà su ciò anche tramite una ricerca curata dalla dott.ssa Chiara Crepaldi, ricercatrice, che ha fotografato una realtà vasta e diversificata. Anche le giovani donne con disturbo borderline di personalità – che vengono assistite dalla Coop. Clessidra, capofila italiano del progetto – ne fanno parte. «Sono persone per le quali la vita è una minaccia da cui difendersi, dovremo lavorare per cercare di trasformare la loro energia negativa in qualcosa di positivo», ha detto Luigi Campagner, presidente della cooperativa, annunciando che nell’ambito del progetto verrà aperta una community care per giovani con disturbo borderline nel territorio di Lecco. 

Tutti i partner hanno avuto modo di presentarsi per far conoscere la loro mission e il loro ruolo nel progetto. Capofila svizzero è la Fondazione “Il Gabbiano”, guidata da Edo Carrasco: «Lavoriamo per incontrare quel “non”, anche attraverso atelier occupazionali volti a recuperare le competenze emozionali affinché una persona riesca ad entrare ad essere contattata». A distanza è intervenuta anche Stefania Da Re, a capo della cooperativa Hannah Arendt, piemontese, che lavora con donne madri vittime di violenza: «Nel recupero delle donne balza all’occhio che la carenza di risorse è grande, ma non solo solo psicologiche ma anche opportunità formative. L’età delle persone che incontriamo è sempre più giovane, dai 20 ai 35 anni – NEET appunto».

Era presente anche una rappresentanza del comune di Laveno-Mombello: «Le politiche muoviamo sono significative, ma resta una difficoltà: trovare i giovani, fare in modo che si lascino aiutare», ha detto la funzionaria Elena Emilitri. Significativo, poi il coinvolgimento di Promosolida, opera di Bolzano partita 30 anni fa: «Stiamo cercando di seguire in maniera più articolata le famiglie, ci servono risorse e competenze. Spero che questo progetto ci apra ad accogliere meglio il bisogno di chi incontriamo», ha detto in collegamento Stefano Fugazza. Sono intervenuti per un saluto anche i partner svizzeri Securdata – che si occupano di sicurezza online – e Ten Agency, società svizzera dedicata all’educazione e allo sport («siamo lieti di essere parte di questo progetto, consideriamo lo sport parte fondamentale di recupero per un giovane»).